La Corte sostiene come il requisito spaziale di tre metri quadri non debba essere visto come un criterio rigido al quale necessariamente conformarsi. L’articolo 3 della CEDU, nonostante sia stato interpretato dalla Corte di Strasburgo proprio a favore dell’opportunità di riconoscere uno spazio minimo individuale, non ritiene quest’ultimo come criterio definitivo per accertare la lesione dei diritti del detenuto.
In mancanza di un tale spazio verrà a formarsi una presunzione di trattamento inumano o degradante, che sarà confutabile tramite criteri altrettanto validi in grado di compensare la sua mancanza, come, ad esempio: «il grado di libertà di circolazione del ristretto e l’offerta di attività all’esterno della cella nonché le buone condizioni complessive dell’istituto e l’assenza di altri aspetti negativi del trattamento in rapporto a condizioni igieniche e servizi forniti».
Nel caso in esame, secondo la VI Sezione, la Corte di appello non ha fatto un buon uso delle linee guida sopra citate.