Esclusa l’interferenza illecita nella vita privata nel caso di registrazione video di un rapporto sessuale all’interno del proprio domicilio senza il consenso dell’altro.
E’ quanto ha stabilito la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza del 13 giugno 2018, n. 27160.
Il caso vedeva un uomo invitare la sua ex a casa propria con l’intenzione di registrare l’amplesso per poi ricattare la donna cercando di farla tornare insieme a lui.
Più volte la giurisprudenza ha evidenziato che non integra il reato di interferenze illecite nella vita privata la condotta di colui che mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva provveda a filmare in casa propria rapporti intimi intrattenuti con la convivente, in quanto l’interferenza illecita prevista e sanzionata dal predetto articolo è quella proveniente dal terzo estraneo alla vita privata, e non già quella del soggetto che, invece, sia ammesso a farne parte, sia pure estemporaneamente, mentre è irrilevante l’oggetto della ripresa, considerato che il concetto di vita privata si riferisce a qualsiasi atto o vicenda della persona in luogo riservato (Cass. pen., Sez. V, 10 gennaio 2017, n. 22221 e Cass. pen., Sez. V, 28 novembre 2007, n. 1766).
Tale orientamento è condiviso dagli ermellini: l’art. 615-bis c.p. punisce le interferenze illecite nella vita privata, definendo come tale quella che si svolge nei luoghi indicati dall’art. 614 c.p. e, quindi, nel domicilio o nelle sue appartenenze, così mostrando come la condotta punibile debba consistere nella ripresa visiva o sonora da parte di chi a tale vita privata non sia lecitamente ammesso.
Conseguentemente non può commettere il delitto indicato chi si trovi lecitamente nell’abitazione all’interno della quale effettui una registrazione, perché tale soggetto è divenuto parte di quella vita privata.
Nè si possono trarre differenti conclusioni nel caso in cui chi si trovi lecitamente nella privata dimora, vi abbia fatto ingresso con l’intenzione di effettuare riprese, ancorché non autorizzate, posto che, anche in tal caso, mancherebbe la volontà dell’avente diritto di escluderlo dalla sfera della propria riservatezza, così che la registrazione di quanto avviene non potrebbe costituire, di per sé, una indebita condotta. Nella specie, il domicilio era quello dell’imputato, in ordine al quale la persona offesa non aveva alcun diritto di escluderlo.