SEZIONI UNITE: LE PENE ACCESSORIE PER LA BANCAROTTA FRAUDOLENTA VANNO COMMISURATE DAL GIUDICE EX ART. 133 DEL CODICE PENALE

Risultati immagini per bancarotta fraudolenta

Il servizio novità della Corte Suprema di cassazione comunica che, in esito alla udienza pubblica del 28 febbraio 2019, le Sezioni unite hanno affrontato la seguente questione:

«Se le pene accessorie previste per il reato di bancarotta fraudolenta dall’art. 216 legge fall., come riformulato dalla sentenza n. 222 del 5 dicembre 2018 della Corte Costituzionale, debbano essere commisurate, ai sensi dell’art. 37 cod. pen., alla pena principale applicata, ovvero debbano essere determinate dal giudice, nell’ambito dei limiti edittali risultanti dalla nuova formulazione, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen.».

Secondo l’informazione provvisoria diffusa dalla Suprema Corte, al quesito è stata data soluzione nei seguenti termini:

«Le pene accessorie previste dall’art. 216 legge fall., nel testo riformulato dalla sentenza n. 222 del 5 dicembre 2018 della Corte Costituzionale, cosi come le altre pene accessorie per le quali la legge indica un termine di durata non fissa, devono essere determinate in concreto dal giudice in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen.».

La deliberazione è stata assunta sulle conclusioni conformi del Procuratore generale presso la Corte di cassazione.

La nostra Rivista ha già pubblicato l’ordinanza di rimessione (Sez. V, ord. 12 dicembre -14 dicembre 2018, n. 56458), con una nota di A. Galluccio, Pene accessorie della bancarotta fraudolenta e applicazione dell’art. 133 c.p.: la palla passa alle Sezioni unite, dopo l’intervento della Consulta.

In precedenza, era stata pubblicata la sentenza della Corte costituzionale n. 222 del 2018, che ha manipolato il testo dell’art. 216, ultimo comma, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), così determinando la questione di diritto poi affrontata dalle Sezioni unite. Il provvedimento della Consulta è commentato da A. Galluccio, La sentenza della Consulta su pene fisse e “rime obbligate”: costituzionalmente illegittime le pene accessorie dei delitti di bancarotta fraudolenta.

, Pres. Carcano, Rel. Boni, ric. Suraci e altri (informazione provvisoria)

Il servizio novità della Corte Suprema di cassazione comunica che, in esito alla udienza pubblica del 28 febbraio 2019, le Sezioni unite hanno affrontato la seguente questione:

«Se le pene accessorie previste per il reato di bancarotta fraudolenta dall’art. 216 legge fall., come riformulato dalla sentenza n. 222 del 5 dicembre 2018 della Corte Costituzionale, debbano essere commisurate, ai sensi dell’art. 37 cod. pen., alla pena principale applicata, ovvero debbano essere determinate dal giudice, nell’ambito dei limiti edittali risultanti dalla nuova formulazione, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen.».

Secondo l’informazione provvisoria diffusa dalla Suprema Corte, al quesito è stata data soluzione nei seguenti termini:

«Le pene accessorie previste dall’art. 216 legge fall., nel testo riformulato dalla sentenza n. 222 del 5 dicembre 2018 della Corte Costituzionale, cosi come le altre pene accessorie per le quali la legge indica un termine di durata non fissa, devono essere determinate in concreto dal giudice in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen.».

La deliberazione è stata assunta sulle conclusioni conformi del Procuratore generale presso la Corte di cassazione.

La nostra Rivista ha già pubblicato l’ordinanza di rimessione (Sez. V, ord. 12 dicembre -14 dicembre 2018, n. 56458), con una nota di A. Galluccio, Pene accessorie della bancarotta fraudolenta e applicazione dell’art. 133 c.p.: la palla passa alle Sezioni unite, dopo l’intervento della Consulta.

In precedenza, era stata pubblicata la sentenza della Corte costituzionale n. 222 del 2018, che ha manipolato il testo dell’art. 216, ultimo comma, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), così determinando la questione di diritto poi affrontata dalle Sezioni unite. Il provvedimento della Consulta è commentato da A. Galluccio, La sentenza della Consulta su pene fisse e “rime obbligate”: costituzionalmente illegittime le pene accessorie dei delitti di bancarotta fraudolenta.

Cass., Sez. un., ud. 28 febbraio 2019, Pres. Carcano, Rel. Boni, ric. Suraci e altri (informazione provvisoria)

Il servizio novità della Corte Suprema di cassazione comunica che, in esito alla udienza pubblica del 28 febbraio 2019, le Sezioni unite hanno affrontato la seguente questione:

«Se le pene accessorie previste per il reato di bancarotta fraudolenta dall’art. 216 legge fall., come riformulato dalla sentenza n. 222 del 5 dicembre 2018 della Corte Costituzionale, debbano essere commisurate, ai sensi dell’art. 37 cod. pen., alla pena principale applicata, ovvero debbano essere determinate dal giudice, nell’ambito dei limiti edittali risultanti dalla nuova formulazione, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen.».

Secondo l’informazione provvisoria diffusa dalla Suprema Corte, al quesito è stata data soluzione nei seguenti termini:

«Le pene accessorie previste dall’art. 216 legge fall., nel testo riformulato dalla sentenza n. 222 del 5 dicembre 2018 della Corte Costituzionale, cosi come le altre pene accessorie per le quali la legge indica un termine di durata non fissa, devono essere determinate in concreto dal giudice in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen.».

La deliberazione è stata assunta sulle conclusioni conformi del Procuratore generale presso la Corte di cassazione.

La nostra Rivista ha già pubblicato l’ordinanza di rimessione (Sez. V, ord. 12 dicembre -14 dicembre 2018, n. 56458), con una nota di A. Galluccio, Pene accessorie della bancarotta fraudolenta e applicazione dell’art. 133 c.p.: la palla passa alle Sezioni unite, dopo l’intervento della Consulta.

In precedenza, era stata pubblicata la sentenza della Corte costituzionale n. 222 del 2018, che ha manipolato il testo dell’art. 216, ultimo comma, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), così determinando la questione di diritto poi affrontata dalle Sezioni unite. Il provvedimento della Consulta è commentato da A. Galluccio, La sentenza della Consulta su pene fisse e “rime obbligate”: costituzionalmente illegittime le pene accessorie dei delitti di bancarotta fraudolenta.

Lascia un commento

Devi essere connesso per inviare un commento.