Cassazione Penale, Sezioni Unite, ud. 22 febbraio 2018 (informazione provvisoria)
Presidente Di Tomassi, Relatore Rocchi, Ricorrente Cesarano
Il dubbio interpretativo nasce dalla problematica inerente i rapporti tra reati posti in continuazione tra procedimenti sviluppati con il giudizio abbreviato con la sua diminuente di pena premiale ed altri reati satelliti giudicati con il giudizio ordinario e se tale sconto premiale sia possibile applicarlo alla pena determinata in totale.
Un primo orientamento ritiene che l’applicazione in sede esecutiva della continuazione tra reati giudicati con rito ordinario e altri con rito abbreviato comporta che solo a questi ultimi, anche se integranti la violazione più grave da porre, quindi, a base del calcolo, possa essere applicata la riduzione di un terzo della pena a norma dell’art. 442, comma secondo, cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 17890 del 14/02/2017, Zagaria; Sez. 1, n. 3764 del 21/10/2015, dep. 2016, Napolano; Sez. 5, n. 47073 del 20/06/2014, Esposito; Sez. 5, n. 26593 del 29/04/2014, Rinzivillo; Sez. 6, n. 33856 del 09/07/2008, P.G. in proc. Capogrosso; Sez. 1, n. 43024 del 25/09/2003, Carvelli).
A questo orientamento se ne contrappone un altro che ritiene la validità, sia in fase di esecuzione che in fase di cognizione, dell’esegesi sopra illustrata solo quando il reato più grave sia stato giudicato con rito ordinario e siano i reati satellite ad essere stati oggetto di giudizio abbreviato; in questo caso, la diminuzione per il rito andrà effettuata sulle sole pene computate in aumento su quella base (Sez. 5, n. 12592 del 28/11/2016, dep. 2017, Alma e altri; Sez. 5, n. 20113 del 27/11/2015, dep. 2016, Moreo; Sez. 3, n. 37848 del 19/05/2015, Cutuli e altri).
Mentre, nel caso in cui il reato più grave sia stato giudicato con il rito abbreviato la diminuzione per il rito speciale andrà effettuata sempre sulla pena determinata all’esito degli aumenti per tutti i reati satellite, prescindendo dal fatto che le sentenze che li hanno accertati siano state emesse con rito ordinario o abbreviato. Questa interpretazione parte dal principio di diritto generale già affermato in due sentenze del massimo consesso della Suprema Corte prima nel 1986 (Sez. Un. N. 7682/1986) e poi nel 2007 (Sez. Un. N. 45583/2007) in relazione al cumulo materiale e l’art. 78 c.p. dove una volta riconosciuta la continuazione nell’ambito del rito premiale si debba operare la diminuente attraverso un’operazione di calcolo con l’abbattimento fisso della pena. Infatti, la diminuzione per il rito abbreviato è operazione commisurativa, giusto il dettato degli artt. 442, comma 2, e 533, comma 2, cod. proc. pen., che si colloca a valle delle altre, ivi compresa di quella ex art. 81, comma 2, cod. pen.
Ulteriore aspetto in relazione al reato continuato, che appare utile per la questione de quo, è stato affrontato dalle Sezioni Unite con sent. n. 6296/2016, dove viene definita l’ampiezza dei poteri cognitivi eccezionalmente attribuiti al giudice dell’esecuzione: “il giudice dell’esecuzione, in sede di applicazione della disciplina del reato continuato, non può quantificare gli aumenti di pena per i reati-satellite in misura superiore a quelli fissati dal giudice della cognizione con la sentenza irrevocabile di condanna”.
La questione giuridica è molto complessa e con riflessi sul piano sanzionatorio concreto di notevole rilievo, perché la pena finale a secondo del calcolo effettuato sulla base interpretativa più o meno restrittiva può arrivare ad una differenza di 10 anni.
Il caso da cui è scaturita la questione interpretativa parte dalla richiesta della difesa dell’imputato alla Corte di Appello di Napoli per il ricalcolo della pena in concreto tenendo in considerazione l’esistenza del vincolo della continuazione tra i reati addebitati nel processo in questione e quelli precedenti giudicati e definiti con pronunce irrevocabili. Le contestazioni erano di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e detenzione e porto di arma comune da sparo con l’aggravante dello stampo mafioso delle condotte.